La sesta edizione di questo libro merita qualche precisazione, anche perché il testo rimane invariato rispetto alla seconda edizione (1986). Il volume fu pubblicato nel 1983 come una sorta di "Manifesto della sociologia relazionale ”, anche se allora pochi se ne accorsero. Ripresentandolo nel 2002, credo sia interessante e doveroso esplicitare in sintesi i punti essenziali di quel Manifesto. 1. La sociologia relazionale nasce quando ci sì rende conto che "la società’’ non è una cosa materiale, né un sistema più o meno preordinato, o un prodotto di azioni individuali, ma u n ’altra cosa. Che cosa? La risposta è qui che "la società è relazione ”, qualora la relazione sia concepita non come una realtà accidentale, secondaria o derivata da altre entità (individui o sistemi), bensì come realtà sui generis. L ’affermazione può sembrare ovvia, ma non lo è per nulla ove sia intesa come presupposizione epistemologica generale e si abbia coscienza delle enormi implicazioni che da essa derivano. Tutti i sociologi parlano di relazioni sociali (Marx, Durkheim, Weber, Simmel), ma nessuno compie l ’operazione che viene presentata in questo testo. 2. La sociologia relazionale non intende essere una sorta di "ponte" fra le sociologie esistenti, e neppure intende proporre un mix fra le tante forme di individualismo e olismo metodologici. Non è una fumosa "terza via”. E una prospettiva nuova e autonoma che può essere denominata "teoria relazionale della società ” in quanto costruisce un framework generalizzato per la ricerca sociologica, che è anche un programma di ricerca empirica, basato su un approccio, un paradigma metodologico e tecniche specifiche che portano a generalizzazioni teoriche ed empiriche situate.
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