Definiamo l’antropologia culturale come scienza che studia il comportamento dell’uomo, cogliendo quegli aspetti che rimandano alla visione collettiva di un gruppo. Essa ricerca le motivazioni profonde dei fenomeni culturali a livello delle alte culture attuali e rientra nel quadro delle scienze demo-etno-antropologiche: queste appartengono all’ambito delle scienze umane le quali studiano le manifestazioni spirituali dell’uomo “per coglierne l’origine profonda e la globalità delle manifestazioni, che noi riassumiamo col termine di cultura”1 . Il termine “antropologia” (dal latino anthropologia, traduzione del greco) è molto antico ed è stato utilizzato con diversi significati. In una prima fase, millenaria, l’antropologia è un settore della filosofia e significa, genericamente, studio dell’uomo, condotto secondo il metodo deduttivo. Dalla fine del XVIII secolo, in epoca illuminista, si parla di antropologia sia per definire lo studio dell’uomo in quanto appartenente alla specie animale (D. Diderot ne L’Encyclopedie del 1751 e F. Blumenbach nel 1795 la considerano perciò scienza naturale), sia per riferirsi in specifico al comportamento culturale. Nel 1788 A.C. De Chavannes, teologo svizzero, pubblica il volume Anthropologie ou science général de l’Homme, nello stesso anno E. Kant, nella sua opera L’antropologia dal punto di vista pragmatico, si interroga sulla possibilità di una scienza antropologica che non diventi filosofia.
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